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venerdì 17 ottobre 2014

Sul Nepal e l'Himalaya, gli Annapurna, il "mio" Machhapuchhre...

L'amico Rajendra di Nepal Nature definisce gli ultimi accadimenti che hanno interessato la regione degli Annapurna come i più "drammatici" della storia del turismo nella forma che più ha reso famoso il Nepal nel mondo: il trekking. 

In queste ore non possiamo che non essere vicini a chi è stato in qualche modo colpito da questo incredibile evento. Anche se permettete che personalmente possa tirare un gran sospiro di sollievo nell'apprendere che il nostro "fraterno" amico Robin, abbia fatto appena in tempo a rientrare al sicuro prima dell'inferno... 
Conosco molto bene tutta quella zona del Nepal: dal Campo Base Annapurna nel versante sud, alla regione di Manang e Muktinath verso il Mustang, fino allo stesso Tilicho, nel versante nord. 
La sacra piramide del Machhapuchhre
(Marco Banchelli - gennaio 2000)
Andare per certi sentieri di alta quota, anche se alcuni itinerari possono essere alla portata di tutti, non è mai uno scherzo e soprattutto MAI andrebbe preso come una "normale" camminata nelle nostre montagne. Fosse solo per la lontananza e tutti i problemi  collaterali ad eventuali "imprevisti" che essa porta. Ma anche per una forma di rispetto ad una natura e delle montagne che appartengono ad altre culture e tradizioni.
E comunque le percentuali di rischio da sempre indicano questi straordinari percorsi che avvicinano al cielo, come i più pericolosi del nostro pianeta. Anche per i "trekking facili"...
Io stesso ho avuto modo di verificare certe situazioni fin dalla mia prima esperienza  nel 1985, giusto giusto di questi tempi e in questa stagione. Consigliata da guide ed esperti, ma assolutamente aperta ad eventuali e repentini "cambiamenti". Anche senza il terribile ciclone di quest'anno.
In quell'ottobre di quasi trent'anni fa infatti, la temperatura (per fortuna) non consentì alla neve di cadere, ma prendemmo tanta di quell'acqua... Se avessimo avuto quelli che ci avevano consigliato (e garantito) per la semplicità dell'escursione e la bellezza di quel periodo dell'anno, li avremmo assai volentieri lasciati agli attacchi delle sanguisughe da cui ci dovevamo difendere. Come minimo... E proprio verso il classico percorso del "santuario" Annapurna.
Anche se da quella "lezione" tanto cominciai ad imparare nella conoscenza del "mio" Nepal.
Nel maggio 1993, verso il Pisang Peak ed il tentativo di superare  i "6.000" con la bicicletta, fu solo grazie al grande fiuto ed esperienza del mio Jeetbhadur che ci risparmiammo di essere sommersi da un'incredibile nevicata che in una notte coprì tutta Manang, la valle ed i picchi che la circondano. E assolutamente devo ritrovare un bellissimo articolo di Riccardo Fontanini per LA NAZIONE, che lo raccontò e lo ricorda... (TROVATO! Lo inserisco nel "CampoBase" dei miei scritti, il blog di CICLISTIperCASO, con altre considerazioni... - basta cliccare su queste righe... )
Ma anche i tanti amici che in questi anni hanno anche solo tentato di condividere con me una normale alba dall'erta collina di Sarangkot, hanno imparato che non sempre le montagne si "concedono", neppure alla vista.
Adesso però, a rappresentare il Nepal e la sua "dimora delle nevi" che è l'Himalaya, e testimoniare la mia vicinanza a chi in un qualche modo è stato colpito da questa tragedia, non posso che evocare tutta la sacralità e spiritualità del mio Machhapuchhre.
E, naturalmente, NAMASTE'!